|
SPONSOR |
|
|

|
|
|
CAMPIONI
NELLO SPORT
CAMPIONI NELLA VITA!!!
diventa donatore
di sangue:
AVIS
Fano
via
S.Francesco 55
Tel. 0721.803747 |
|
|
|

autoscuolapaoloni@alice.it |
|
 |
|
|
|
|
|
|
|

|
|
|
|
|
 |
 |
|
|
|
|
 |
|
|

via Pisacane 33 - Fano
convenzione per
tess. CSI
|
|
|
|
Karol
Wojtyla
il Pontefice dello sport
Giovanni
Paolo II deve essere ricordato come il "Papa dello sport" non tanto
per aver praticato l'attività sportiva, quanto per i memorabili discorsi
pronunciati in materia di sport. Non c'è, o quasi, un aspetto problematico del
fenomeno sportivo su cui Giovanni Paolo II non si sia soffermato con parole di
grande modernità.
Con la
scomparsa di Giovanni Paolo II lo sport ha perso un amico sincero e attento,
seppure intransigente, finanche "scomodo" nei suoi giudizi. Ed anche
se altri pontefici prima di lui avevano mostrato forte considerazione per il
fenomeno sportivo, quale segno emergente della modernità, non c'è dubbio che
papa Wojtyla debba essere ricordato anche come il "papa dello sport"
per eccellenza.
Quando il cardinale Karol Wojtyla salì al soglio di Pietro, le prime
improvvisate biografie non fecero mistero delle sue consuetudini di sportivo
praticante. Negli anni successivi fecero il giro del mondo le fotografie
"rubate" al papa che sciava, nuotava in piscina o si inerpicava per un
sentiero di montagna. Per non contare le foto d'annata, quelle, rispolverate da
chissà dove, del giovane sacerdote polacco che pagaia in kayak o che gioca a
pallone. Ma il Giovanni Paolo II "papa dello sport" ha ben altre
fondamenta che quelle foto, perché questo pontefice così abituato a dire cose
importanti e scomode in materia di morale, di politica internazionale, di
diritti umani ha detto non poche cose importanti e scomode anche sullo sport.
La dignità del corpo, la difesa dei valori educativi, l'importanza dello sport
per i disabili, la necessità di una pratica capace di rispettare le
caratteristiche psicofisiche delle diverse età: non c'è, o quasi, un aspetto
problematico dello sport su cui Giovanni Paolo II non si sia soffermato con
parole di grande modernità.
Ricorrente è la preoccupazione per il rischio di derive disumanizzanti nello
sport contemporaneo, il richiamo all'obbligo di una eticità fondante lo sport.
Alcune di quelle frasi dovrebbero essere tenute a mente da qualsiasi sportivo:
"Lo sport è anzitutto
valorizzazione del corpo, sforzo per raggiungere le condizioni somatiche
ottimali...Lo sport è agonismo, gara per aggiudicarsi una corona, una coppa, un
titolo, un primato...Lo sport è gioia di vivere, gioco, festa, e come tale va
valorizzato e forse riscattato, oggi, dagli eccessi del tecnicismo e del
professionismo mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di
stringere vincoli di amicizia, di favorire il dialogo e l'apertura degli uni
verso gli altri, come espressione della ricchezza dell'essere, ben più valida
ed apprezzabile dell'avere, e quindi ben al di sopra delle dure leggi della
produzione e del consumo e di ogni altra considerazione puramente utilitaristica
ed edonistica della vita…"
(Primo Giubileo Internazionale degli Sportivi, Stadio Olimpico, 12 aprile
1984).
"…Lo sport oggi è
caratterizzato da una domanda di qualità e di senso. Si avverte la necessità
di ridare allo sport non solo una rinnovata e continua dignità, ma soprattutto
la capacità di suscitare e sostenere alcune esigenze umane più profonde, come
sono quelle del rispetto reciproco, di una libertà non vuota ma finalizzata,
della rinuncia in funzione di uno scopo…Lo sport va visto nella dinamica del
servizio, e non in quella del profitto...".
(Convegno della CEI su "Sport, etica e fede per lo sviluppo della società
italiana", 25 novembre 1989).
E ancora: "Occorre
individuare e superare i pericoli che minacciano lo sport moderno: dalla ricerca
ossessiva del guadagno alla commercializzazione di quasi ogni suo aspetto, dalla
spettacolarizzazione eccessiva all'esasperazione agonistica e tecnicistica, dal
ricorso al doping e ad altre forme di frode, alla violenza. Solo ricuperando
efficacemente il suo compito e le sue potenzialità di educazione e di
socializzazione, lo sport può svolgere un ruolo di significativo rilievo e
concorrere, per la sua parte, a sostenere e le speranze che muovono i cuori
degli uomini, specialmente dei giovani…"
(Inaugurazione dello Stadio Olimpico, 31 maggio 1990).
"Il senso di
fratellanza, la magnanimità, l'onestà e il rispetto del corpo - virtù
indubbiamente indispensabili ad ogni buon atleta - contribuiscono
all'edificazione di una società civile dove all'antagonismo si sostituisca
l'agonismo, dove allo scontro si preferisca l'incontro ed alla contrapposizione
astiosa il confronto leale. Così inteso, lo sport non è un fine, ma un mezzo;
può divenire veicolo di civiltà e di genuino svago, stimolando la persona a
porre in campo il meglio di sé e a rifuggire da ciò che può essere di
pericolo o di grave danno a se stessi o agli altri". (Convegno "Il
volto e l'anima dello sport", promosso dal CSI, 28 ottobre 2000)
"Non sono purtroppo pochi, e forse si vanno facendo più evidenti, i segni
di un disagio che talvolta mette in discussione gli stessi valori etici fondanti
la pratica sportiva. Accanto ad uno sport che aiuta la persona, ve n'è infatti
un altro che la danneggia; accanto ad uno sport che esalta il corpo, ce n'è un
altro che lo mortifica e lo tradisce; accanto ad uno sport che persegue nobili
ideali, ce n'è un altro che rincorre soltanto il profitto; accanto ad uno sport
che unisce, ce n'è un altro che divide."
(Convegno "Il volto e l'anima dello sport", promosso dal CSI, 28
ottobre 2000)
"... grande è la
responsabilità degli sportivi nel mondo. Essi sono chiamati a fare dello sport
un'occasione di incontro e di dialogo, al di là di ogni barriera di lingua, di
razza, di cultura. Lo sport può, infatti, recare un valido apporto alla
pacifica intesa fra i popoli e contribuire all'affermarsi nel mondo della nuova
civiltà dell'amore".
(Giubileo degli Sportivi, Stadio Olimpico, 29 ottobre 2000)
"Possa questa verifica
[del Giubileo] offrire a tutti - dirigenti, tecnici ed atleti - l'occasione per
ritrovare un nuovo slancio creativo e propulsivo, così che lo sport risponda,
senza snaturarsi, alle esigenze dei nostri tempi: uno sport che tuteli i deboli
e non escluda nessuno, che liberi i giovani dalle insidie dell'apatia e
dell'indifferenza, e susciti in loro un sano agonismo; uno sport che sia fattore
di emancipazione dei Paesi più poveri ed aiuto a cancellare l'intolleranza e a
costruire un mondo più fraterno e solidale; uno sport che contribuisca a far
amare la vita, educhi al sacrificio, al rispetto ed alla responsabilità,
portando alla piena valorizzazione di ogni persona umana".
(Giubileo degli Sportivi, Stadio Olimpico, 29 ottobre 2000)

|